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Essere genitori significa anche fare errori: eccone 10
26/06/2014

genitori e figli

Nota: Da un articolo di kari kubiszyn kampakis tradotto da Stefano Pitrelli.

Quando sono diventata mamma, di consigli su come crescere mio figlio ne ho ricevuti a pacchi. Ma solo pochi anni fa c’è stato qualcuno che mi ha finalmente fatto notare come voler bene ai propri figli significhi in realtà desiderare ciò che è meglio per loro a lungo termine.

Quando le mie quattro figlie erano piccole, del lungo termine non mi curavo più di tanto. All’epoca era una mera questione di sopravvivenza, di risposta a bisogni quotidiani, e di galleggiamento.

Ora che le mie ragazzine stanno maturando, però, la nebbia si solleva. Non sono più una neofita dell’esser genitore, ne sono piuttosto un convertito apostolo. Il vantaggio di questo stadio è che le ragazze vogliono trascorrere del tempo in mia compagnia. Tra noi facciamo delle vere conversazioni, che mettono in risalto le loro splendide personalità. E quando tutti dormono la notte, dormo meglio anch’io. Riesco a ragionare seguendo un filo logico, e riesco a crescerle in modo più pianificato.

Negli ultimi tempi faccio più attenzione al lungo periodo. Penso al genere di adulti che spero diventeranno, e ripercorro la strada all’indietro chiedendomi: “Che cosa posso fare oggi per favorire questo esito domani?”. L’attenzione al loro futuro ha mutato il mio paradigma di genitore, perché ciò che rende felice un bimbo all’età di dieci o quindici anni è piuttosto diverso da ciò che li renderà felici a 25, 30, 40 e oltre.

Qualche tempo fa sono incappata in alcuni articoli e libri interessanti che approfondiscono ciò che gli psicologi di oggi si trovano ad osservare: cioè un numero crescente di ventenni depressi senza saperne il perché. Questi giovani adulti ritengono di aver avuto un’infanzia magica. I genitori sono i loro migliori amici. Mai nella loro vita hanno esperito tragedie, o quanto meno niente di peggio di comuni delusioni. E tuttavia, per qualche ragione, si sentono infelici.

Una delle spiegazioni che viene offerta è che i genitori di oggi tendono a intervenire troppo in fretta. Siccome non vogliamo che i nostri figli falliscano, invece di lasciare che affrontino le avversità, liberiamo loro la strada, rimuovendo gli ostacoli per rendergli facile la vita.

Ma le avversità fanno parte della vita, e solo affrontandole i nostri figli potranno sviluppare quelle capacità di adattamento di cui avranno bisogno più avanti. Ragion per cui, anche se sembra di far loro un favore, in realtà non stiamo facendo altro che ritardare il loro sviluppo. Prediligiamo i benefici a breve termine al benessere del lungo periodo.

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FOTO: “Non è ciò che fai per i tuoi figli, ma ciò che hai insegnato loro a fare per se stessi, che li farà realizzare come esseri umani”. Ann Landers

In un articolo ho letto che i presidi dei college tendono a definire le matricole “tazze da tè”, per la loro fragilità di fronte a problemi della minima entità. La domanda che veniva posta era questa: “Può essere che schermando sin da piccoli i nostri ragazzi dall’infelicità stiamo finendo per privarli della felicità da adulti?”.

Ecco la risposta dello psichiatra Paul Bohn, così come viene parafrasata nell’articolo.

Molti genitori faranno qualsiasi cosa per evitare che i propri figli affrontino il benché minimo disagio, ansia o delusione… “Tutto ciò che sia men che piacevole”, spiega — col risultato che quando poi da adulti si trovano ad esperire i normali momenti di frustrazione della vita, allora si ritrovano a pensare che vi sia qualcosa di terribilmente sbagliato.

Perché mi sento di condividere tutto questo? Perché sono convinta che sia importante, nell’epoca dei genitori-elicottero. Benché da un lato trovi bello che i genitori di oggi siano più coinvolti nelle vite dei propri figli rispetto alle generazioni precedenti, questo nostro coinvolgimento può spingersi troppo in là. Ciò che potremmo voler giustificare come un comportamento da “bravi genitori” può finire col far del male ai nostri figli nel futuro. Se non lo teniamo ben presente, sarà facile accollare lore l’handicap di una vita troppo facile.

Come dice il mio filosofo della genitorialità preferito: “Preparate vostro figlio alla strada, non la strada per vostro figlio”.

Ciò detto, ho steso una lista dei dieci errori più comuni, compiuti più frequentemente dai genitori di oggi — me inclusa. Non intendo puntare il dito, solo accrescere la consapevolezza. Ciò che fa parte della nostra cultura non è necessariamente nel migliore interesse dei nostri figli.

Errore Numero 10: La venerazione dei figli.

Molti di noi vivono all’interno di comunità che ruotano intorno al bambino. Cresciamo i nostri ragazzi all’interno di nuclei familiari bambino-centrici. Ai nostri figli, naturalmente, piace, perché le nostre vite ruotano intorno a loro. E nella maggioranza dei casi anche noi non dispiace, perché la loro felicità è la nostra. Ci appassiona fare le cose per loro, spendere per loro, e inondarli d’amore e di attenzioni.

Ma credo sia importante tenere a mente che i nostri figli sono fatti per essere amati, non venerati. E quando li mettiamo al centro dell’universo non facciamo altro che creare un falso idolo, snaturando qualcosa di buono. Piuttosto che mettere i ragazzi al centro delle nostre case, dovremmo sforzarci di metterci Dio. I nostri figli si sentiranno comunque amati, solo in un modo migliore, in un modo che mette l’altruismo davanti all’egoismo.

Errore Numero 9: La teoria del bambino perfetto.

Lo sento spesso dai professionisti a contatto coi bambini (assistenti, insegnanti, etc.): i genitori di oggi non vogliono sentire niente di negativo nei confronti dei loro ragazzi. Quando si sollevano dei dubbi o delle preoccupazioni, per quanto espressi con amore, la reazione istintiva è spesso quella di aggredire chi te lo fa notare.

La verità può far male, ma quando prestiamo ascolto con la mente e il cuore aperti, non possiamo che trarne beneficio. Potremo intervenire con largo anticipo, prima che una qualsiasi situazione sfugga di mano. Affrontare un bambino problematico è decisamente più facile di quanto non lo sia ricomporre un adulto caduto a pezzi.

Come ha osservato uno psichiatra di “Children’s of Alabama” quando l’ho intervistata sul tema della depressione adolescenziale, giocare d’anticipo è essenziale perché può alterare la traiettoria della vita di un bambino. È per questo, dice, che trova appassionante la psichiatria infantile e adolescenziale — perché i ragazzi sono resilienti, ed è molto più facile intervenire con successo quando sono giovani, invece che anni dopo, quando i problemi si sono protratti tanto da entrare a far parte della loro identità.

Errore Numero 8: La vita per conto dei figli.

I figli ci danno grandi soddisfazioni. E quando hanno successo, la cosa ci rende più felici che se fossimo stati noi a ottenerlo.

Ma quando siamo troppo coinvolti nelle loro vite, diventa difficile capire dove iniziamo noi e dove loro finiscono. E quando i figli diventano un nostro prolungamento, possiamo finire col vederli come la nostra seconda chance. D’un tratto, allora, tutto gira intorno a loro, più che intorno a noi. Ed ecco che la loro felicità inizia a confondersi con la nostra.

Errore Numero 7: L’aspirazione del migliore amico.

Una volta ho chiesto a un prete d’individuare l’errore più grave che vede nei genitori. Ci ha pensato su un attimo e mi ha risposto: “I genitori che non fanno i genitori. Quelli che non vogliono sporcarsi le mani”.

Come tutti, desidero che le mie figlie mi vogliano bene. Voglio che mi lodino e che mi apprezzino. Ma se faccio bene il mio lavoro, ci saranno volte in cui si arrabbieranno, e in cui non piacerò loro affatto. Alzeranno gli occhi al cielo, sbufferanno e si lamenteranno, e diranno che avrebbero preferito nascere in un’altra famiglia.

Cercare di essere il migliore amico di tuo figlio può solo finire per renderti più permissivo, spingendoti verso scelte dettate dalla disperazione, cioè dal timore di perderne l’approvazione. Quello non è amore; è un nostro bisogno.

Errore Numero 6: La competizione fra genitori.

Ogni genitore ha un lato competitivo. Per destare questo mostro basta che un altro genitore dia al proprio figlio un vantaggio a scapito del nostro.

Alle medie e al liceo di storie come questa ne sento parecchie, aneddoti d’amicizie infrante e tradimenti, dove una famiglia raggira l’altra. La mia impressione è che alla radice di tutto ci sia la paura. Temiamo che i nostri figli rimangano indietro. Abbiamo paura che, a meno che non ci si getti a capofitto nella pazzia, e non si faccia di tutto per aiutarli ad eccellere fin dall’inizio, resteranno mediocri per il resto delle loro vite.

Credo che i bambini abbiamo bisogno di lavorare duramente, e di capire che i tuoi sogni non vengono serviti su un piatto d’argento; che per ottenerli devi sudare e lottare. Ma quando trasmettiamo un messaggio del genere “vinci a ogni costo”, autorizzandoli a calpestare gli altri per passare avanti, perdiamo di vista la questione della personalità. Che potrà non sembrare importante nel corso dell’adolescenza, ma che negli adulti è tutto.

Errore Numero 5: Perdersi il bello dell’infanzia.

L’altro giorno ho trovato l’adesivo di una merendina alla fragola sul lavandino della cucina, che mi ha ricordato quando fortunata sia a condividere la casa con le piccole.

Un giorno non ci saranno più adesivi nel mio lavandino. Non ci saranno Barbie nella vasca da bagno, bambolotti sul letto o Mary Poppins nel lettore Dvd. Sulle finestre non ci saranno impronte appiccicose, e la mia casa sarà silenziosa, perché le mie figlie se ne staranno fuori in compagnia delle amiche, invece che nel nido con me.

Crescere dei bambini piccoli può essere un lavoro duro e monotono. A volte ti sfinisce tanto — fisicamente ed emotivamente — che ti piacerebbe fossero già cresciute, per renderti la vita più facile. Poi c’è quella curiosità di sapere come saranno quando saranno cresciuti. Quali passioni avranno? Diventerà chiaro quali siano le loro doti date da Dio? Da genitori ce lo auguriamo, perché capire su quali punti di forza insistere ci permette di orientarli nella giusta direzione.

Ma proiettandoci nel futuro, chiedendoci se quel talento per l’arte renderà tuo figlio un Picasso, o se la sua voce melodica la renderà una Taylor Swift, potremmo dimenticarci di godere dello splendore che abbiamo davanti a noi: i bebè nelle tutine footie, le favole della buonanotte, il solletico sul pancino e quelle risatine di gioia. Potremmo dimenticare di lasciare che i nostri figli siano piccoli, e di goderci quell’unica infanzia che viene loro offerta.

Le pressioni sui ragazzi iniziano fin troppo presto. Se davvero vogliamo che abbiano un vantaggio competitivo, dovremo proteggerli da queste pressioni. Dovremo lasciare che si divertano, e che crescano al loro ritmo, così che possano 1) esplorare i propri interessi senza timore di fallire e 2) così che non si brucino.

L’infanzia è il momento del gioco libero e della scoperta. Quando mettiamo fretta ai bambini, li derubiamo di un’età dell’innocenza alla quale non torneranno mai più.

Errore Numero 4: I figli che vuoi contro i figli che hai.

Da genitori abbiamo dei sogni per i nostri figli. Iniziano già quando siamo incinte, prima ancora di conoscere il genere del nascituro. Dentro di noi coltiviamo la segreta speranza che siano uguali a noi, solo più intelligenti e più dotati. Vogliamo essere i loro mentori, mettendo a frutto le nostre esperienze.

Ma l’ironia dell’esser genitori è che i nostri figli ribaltano tutti gli stampi. Ci arrivano sempre con inclinazioni impreviste. E il nostro mestiere è quello di capirne il verso giusto e prepararli in quella direzione. Imporre loro i nostri sogni non funzionerà. Solo quando li vedremo per ciò che sono potremo avere un impatto potente sulle loro vite.

Errore Numero 3: Dimenticare che i nostri fatti contano più delle nostre parole.

A volte quando le mie ragazze mi fanno una domanda, poi aggiungono: “Cerca di esser breve”. Il fatto è che mi conoscono bene, perché cerco sempre di infilarci una lezione di vita. Cerco di trasmettere saggezza, dimenticando come l’esempio conti più delle parole.

Il modo in cui affronto il rifiuto e l’avversità… in cui tratto amici ed estranei… che io mi lamenti o esalti il padre… queste cose le notano. E il modo in cui mi comporto dà loro il permesso di fare lo stesso.

Se voglio che i miei figli siano meravigliosi, dovrò puntare ad esserlo anch’io. Dovrò essere la persona che spero diventeranno.

Errore Numero 2: Il giudizio sui genitori degli altri — e sui loro figli.

Per quanto possiamo non condividere il modo degli altri di esser genitore, non sta a noi giudicare. Nessuno al mondo è “del tutto buono” o “del tutto cattivo”; siamo tutti un miscuglio di entrambi, una comunità di peccatori in lotta ciascuno coi propri demoni.

Personalmente più è duro il periodo che attraverso, più sono tollerante nei confronti degli altri genitori. Quando mia figlia mi mette duramente alla prova, sarò più indulgente nei confronti di genitori che si trovano nella stessa barca. Quando la vita mi travolge, perdono gli errori degli altri, e lascio perdere.

Non puoi mai sapere che cosa stia passando l’altro, o quando sarai tu ad aver bisogno d’indulgenza. E anche se non possiamo controllare i giudizi che esprimiamo dentro di noi, possiamo contenerli cercando di comprendere la persona, invece di saltare a conclusioni.

Errore Numero 1: Sottovalutare la PERSONALITA’.

Se c’è una cosa che spero di non sbagliare con le mie piccole è il loro NOCCIOLO. La personalità, la fibra morale, la bussola interiore… sono queste le cose che pongono le basi di un futuro sano e felice. Importano più di qualsiasi voto o premio.

Nessuno è in grado di imporre una personalità ai proprio figli, e a 10 o 15 anni non importa più di tanto. I bambini cercano gratificazioni a breve termine, sta a noi come genitori vedere più lontano. Sappiamo che ciò che avrà importanza a 25, 30 e 40 anni non sarà quanto in là riusciranno a tirare il pallone, o se saranno cheerleader, ma il modo in cui tratteranno gli altri, e ciò che penseranno di loro stessi. Se vogliamo che la loro personalità si formi, la loro fiducia in se stessi, la loro forza e resilienza, allora dobbiamo lasciare che affrontino le avversità e assaggino l’orgoglio di chi, superandole, ne esce più forte di prima.

È duro veder fallire i propri figli, ma a volte dobbiamo farlo. A volte dobbiamo chiederci se intervenire sia nel loro interesse. Ci sono un milione di modi per amare un figlio, ma pur cercando di renderli felici, cerchiamo di restare coscienti del fatto che a volte il dolore a breve-termine è un guadagno a lungo-termine.

Fonte: www.huffingtonpost.it

La Dignità del Giocoliere
06/06/2013

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Da qualche mese, ogni mattina andando al lavoro, incrocio al semaforo un giocoliere che diletta le macchine in attesa del verde con un piccolo spettacolo con i birilli. E abbastanza bravo, mi pare, ma di tanto in tanto mi è capitato di coglierlo in errore e di vedere cadere in terra uno dei suoi bianchi birilli.

Non si arrabbia con se stesso,
Non scarica la colpa su altri,
Non cerca di rattoppare la sua prestazione facendo finta che fosse programmato,
Non fa finta di niente,

Si ferma, chiede scusa agli spettatori, fa un inchino e si ritira.
La performance non è degna di essere continuata, ovvero di essere remunerata.

Non chiede nulla e attende il prossimo rosso, con quella dignità che nel lavoro è quasi scomparsa.
E mi chiedo quanti lo hanno notato (pochi direi a vedere quanti abbassano il finestrino per dargli una moneta o una parola buona), quanti riconoscono un qualche valore in ciò che fa, quanti vedono l’impegno e la passione che mette. La fatica di un lavoro di strada, che tanti vedono come un chiedere l’elemosina, in maniera leggermente più creativa.

Ma queste riflessioni non lo toccano, non lo preoccupano, non lo infastidiscono.
Arriva il rosso e lui ha un lavoro serio da portare avanti: stupire e far nascere un sorriso.

 

 

Fermo al semaforo
16/03/2013

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Ieri, fermo al semaforo mi sono voltato a guardare nella macchina affianco. C’erano due ragazzi, sulla trentina. Si sorridevano. Prima uno ha chinato la testa sulla spalla dell’altro prendendosi una carezza. Poi si sono baciati. Infine si sono accorti di essere osservati ed è scappato loro un sorriso. Si, perché anch’io stavo sorridendo, come sempre faccio quando vedo una scena, un gesto,  che mi apre il cuore. E ho pensato che forse, piano piano, davvero qualcosa sta cambiando. In meglio.

Incontri serali
21/06/2012

Ieri sera ero fermo davanti ad un gelateria, quando mi sono ritrovato vicino un signore dall’aspetto indiano che faticava a leggere un cartello con gli ingredienti.

Gli ho dato una mano e poi mi sono messo a chiacchierare con lui.
Un piccolo ma interessante spaccato di vita.

Mi ha raccontato in un misto italiano/inglese che arriva dal Bangladesh e che è in Italia da quattro anni. Ha fatto diversi lavori di fatica ma ora è aiuto cuoco in un ristorante del centro part – time a 700 euro al mese. Ha sottolineato con un certo orgoglio che il suo è un “contratto a tempo indeterminato”

Gli ho chiesto della sua famiglia e mi ha detto che ha una moglie e tre figlie “molto intelligenti”. Allora ne ho approfittato per chiedergli come si era organizzato per le “promesse di matrimonio” e mi ha risposto che aveva giù scelto i mariti: tre bravi ragazzi di buone famiglie. E che le figlie erano contente.

Le aveva appena sentite al telefono e mi ha raccontato di come gli hanno chiesto di tornare a casa tra le lacrime… a quel punto si è un po’ emozionato e ha perso il filo del discorso in italiano ripartendo in inglese.

Gli ho chiesto del suo livello culturale e mi ha detto che è laureato in “Storia e Filosofia Mussulmana” (storia e filosofia sono lauree considerate inutili qui in Italia… figuriamoci la versione Mussulmana…) e che aveva appena fatto l’esame di Terza Media italiano necessario, mi ha detto, ad avere un permesso di soggiorno più lungo.

Interessante, come tanti, che abbia sviluppato un fastidio verso qualche altra categoria di extracomunitari: nello specifico i cinesi che presentava negativamente, soprattutto riguardo la qualità del loro lavoro e dei loro prodotti.

Alla fine è riuscito a riassumere la sua esperienza sociale in Italia con una non offensiva e curiosa affermazione:

“Il 75% degli Italiani sono brave persone”

Alla fine della chiacchierata riflettevo su quante storie ci sono in città. Basterebbe a volte solo prendersi del tempo e ascoltarle. E anche solo con questo, farne in qualche modo parte.

Il Traffico e l’isterica
08/04/2011

Stamattina, andando in ufficio, traffico terrificante e corsie bloccate.
Mi ritrovo nella corsia di sinistra, dove è necessario girare a sinistra e cerco di rientrare nella corsia centrale…ma con tutte le macchine incolonnate, l’impresa è pressocchè impossibile.

Ad un certo punto, provo a farmi avanti e mi ritrovo un signora con un SUV, modello donna in carriera, che accellera per non farmi entrare.
E va beh…dico io. Ma non paga abbassa il finestrino e inizia a vomitarmi addosso i peggio insulti. Allora, secondo la mia collaudata tecnica, abbasso il finestrino, le sorrido e le dico “si grazie, una buona giornata anche a lei”. La tizia esce di testa e mi ricopre di improperi. Una vera pazza schizzata. Ma io ormai la sto bellamente ignorando.

Cmq, mi infilo dietro di lei e, incolonnati, procediamo per un po’ . Poi lei scatta sulla sinistra per guadagnare una posizione sulla colonna. Io invece rimango li dove sono: nella posizione corretta.

Al semaforo successivo il capolavoro della Ruota dela Vita che gira: lei deve rientrare nella corsia centrale e io con un sorriso beffardo vado avanti e le impedisco l’entrata…

La tipa abbassa nuovamente il finestrino e me ne dice di tutti i colori (tra cui: “pezzente comunista del cazzo” che mi chiedo in base a cosa l’abbia postulato). Al che abbasso il mio, proprio mentre con il verdo vado via lasciandola li, salutandola con la mano e dicendo “Arrivederci!”

Me la godo per qualche istante nello specchietto retrovisore in preda ad una crisi isterica selvaggia e poi me la lascio definitivamente alle spalle.

Ora mi chiedo…al di là delle reazioni isteriche e gli insulti, come si può avere due atteggiamenti nella stessa situazione talmente in contrasto? Comportarsi in un modo e poi lamentarsi se lo fa qualcun altro? Quello di usare due pesi e due misure è una male tipico del nostro tempo. Gli altri diventano solo degli ostacoli alla nostra arroganza, alla nostra prepotenza. L’egocentrismo diventa diritto di sopraffazione: “io, io, IO!”

Quattro chiacchiere con un ausiliare del traffico
16/01/2011

Alberto Sordi ne "il vigile" (1960)

Oggi voglio raccontarvi di una curiosità scoperta andando a sciare a Bardonecchia.
Un segno inequivocabile di come vi siano realtà (molte ormai) dove si stia raschiando il barile in barba a qualunque regola di buon senso.

Arrivo a campo Smith e parcheggio l’auto in zona blu. Vado alla macchientta e pago i 3,5 euro previsti per tutta la giornata.
Dopo di che, vado allegramente a portare mio figlio a sciare.

Due ore dopo, torno alla macchina per prendere dei panini e trovo un ausiliare del traffico nei pressi della mia auto. Con fare tranquillo, sta segnando su un foglio il mio numero di targa. Ahi, dico…qui ci sta scappando una multa.
Immediatamente penso: vuoi vedere che chiudendo la portiera della macchina lo spostamento d’aria ha fatto cadere dal cruscoto il bigliettino?

Mi avvicino e chiedo tranqullo: “Mi scusi, sta facendo la multa?”. L’ausiliare mi guarda per un attimo, quasi colto di sorpresa, e risponde “No, no”.
A questo punto, interdetto da una risposta che non mi aspettavo, mi guardo intorno e noto che vi sono altri 2 ausiliari che girano per il piazzale intenti nella stessa misteriosa attività. Al che chiedo: “Perdoni la mia curiosità, perché vi state segnando le targhe delle automobili?”.

Il gentile ragazzo mi spiega: “Mi sto segnando la relazione tra il codice del biglietto e la targa dell’auto, in modo da poter verificare magari più tardi che qualcuno non se ne sia andato regalando il biglietto ad un altro automobilista”.

Sicuro di non aver capito bene cerco di approfondire: “Praticamente, io ho pagato per tutto il giorno….se oggi pomeriggio arriva ad esempio mio padre in macchina e io gli lascio il posto che ho pagato e il biglietto che attesta il mio pagamento…poi voi arrivate, notate che la targa per quel codice è cambiata e fate la multa? cioè, fate la multa ad un auto che espone regolarmente un biglietto di pagamento per tutta la giornata?”

“Esattamente” mi risponde l’ausiliario. Avevo proprio capito bene.
Non so, ma ho il sospetto che vi sia qualcosa di non chiaro in questa procedura e forse di illegale. Intanto sul biglietto e sulla macchinetta erogatrice non ho letto nulla riguardo a questa cosa, inoltre se un vigile mi multa, io vado a contestare e presento il tagliandino che attesta  il mio regolare pagamento, che fanno? mi presentano quel foglio e mi dicono “guardi, ticket e targa non collimano”? e allora? a parte il fatto che sarebbe la mia parola contro quella di un ausiliario…Ma da quando la Zona Blu funziona in questa maniera?

Io credo che in Italia ormai vi siano uffici e persone anche ben skillate (o quantomeno dotate di gran fantasia) la cui attività e ricercare le gabole per poter fregare più soldi alle persone normali, preferendo, magari, quelle oneste.

 

 

Vacanze nell’Italia Media
02/09/2010

Quest’anno ho passato le vacanze a Rimini e ho avuto la grande opportunità di poter osservare un insieme di persone che in qualche modo definiscono nella loro etereogenità l’Italiano Medio.

La prima cosa che mi ha colpito è stata che della percentuale di italiani presenti (russi e tedeschi le nazionalità più rappresentative per l’estero) il 90% fosse di Napoletani.

Napoletana era anche la titolare dell’alberghetto nel quale mi trovavo che fin da subito ha mostrato la sua “furberia” nel cercare di gestire la sua attività.

La stanza era fondamentalmente uno sgabuzzino. Nessuna relazione tra quanto visto sul sito internet e la realtà. Nel mio pacchetto era prevista anche la spiaggia e poiché l’albergo era pubblicizzato come “a soli 100 metri dal mare” mi stavo già mettendo il costume, pronto all’azione. Purtroppo però il Bagno (peraltro molto bello) si trovava in un altro paese, a oltre 1 km di distanza.

Non amo discutere e litigare in vacanza e tutto sommato farsi delle belle camminate per smaltire i lauti pranzi (buona cucina, bisogna dire) ha i suoi lati positivi.

L’albergo era anche convenzionato con i parchi della Riviera. Ora non so cosa intendete voi con “convenzione“, ma io intendo che vi sia un qualche tipo di sconto. La signora invece mi ha venduto i biglietti allo stesso prezzo del Parco sostenendo che la convenzione stesse nel fatto che avendo il biglietto non facevi la fila e informandomi poi ingenuamente che a inizio stagione ne aveva presi 300.

Ecco a cosa ci abituato l’atteggiamento televisivo, politico e giornalistico italiano: si pensa che ormai sia normale bersi qualunque stupidaggine. Che una persona non sia più in grado di pensare e dire: ma cosa dici? e tu prendi 300 biglietti senza che ti facciano uno sconto con il rischio di perderci se non li rivendi tutti? a che Pro?

Torniamo alla nostra analisi sociale.
Mi è capitato di incontrare il meglio della cultura Partenopea, ovvero persone disponibili, affabili, allegre… e ovviamente il peggio, ovvero persone maleducate, sguaiate, volgari e invadenti.

Ma ciò che più mi ha colpito è stata l’abissale ignoranza di cui mi è capitato di essere testimone. Cito così, a caso, 3 episodi:

1) La Marea, questa sconosciuta
Mi trovavo in acqua con mio figlio, in un punto nel quale lui non toccava, ma lo rassicuravo sul fatto che dopo qualche metro avrebbe toccato nuovamente essendoci una piccola secca. Il piccolo ricordava che il giorno prima alla secca era arrivato toccando e chiedeva spiegazioni, al che gli ho spiegato che era pomeriggio e c’era l’alta marea che alzava il livello dell’acqua. Prontamente una signora è intervenuta rassicurandoci: “non preoccupatevi, qui ci sta l’alta marea, ma più avanti c’è la bassa marea“.  Per un attimo ho pensato di spiegarle cosa fosse la Marea, ma ho poi pensato che avrei potuto offenderla ed ho evitato.

2) Prosciutto e Melone
Sento un dialogo tra due coppie:
“Oggi ci hanno dato prosciutto e melone”
“Cioè? vi hanno dato prima il prosciutto e poi il melone…”
“No, no, ci hanno dato il prosciutto e melone INSIEME”
“Mah…sarà un piatto moderno….”

3) O’ Piemonte
Una coppia di signore napoletane sul bus si siede di fronte ad una coppietta piemontese e iniziano a chiacchierare.
“Ma voi..da dove venite?” chiede la signora
“Dal Piemonte” risponde la ragazza
La signora rimane pensierosa; si volta verso la sua amica altrettanto dubbiosa e chiede: “Non so…o’ Piemonte?  e ‘ndo sta?”
L’amica allarga le braccia: non l’aveva mai sentito nominare!
Pronti i due sposini che rispondono.
Lui: “Signora…al Nord…dove sono le Montagne”
Lei: “Vicino alla Val d’Aosta…”

La riflessione di oggi è che, inevitabilmente, ciascuno di noi finisce per crearsi un giro di persone (parenti amici e conoscenti) che in qualche modo hanno  un livello culturale similare al nostro in maniera percentualmente preponderante. Ma vivendo un certo tipo di società, finiamo per allontanarci dalla reale situazione del paese:

Secondo i dati pubblicati nel 2005 da una ricerca dell’Università di Castel Sant’Angelo dell’UNLA  (Unione Nazionale per la Lotta contro l’Analfabetismo), quasi sei milioni di italiani sono totalmente analfabeti. Rappresentano il 12% della popolazione contro il 7,5% dei laureati.

La cosa interessante di questi studi è che negli ultimi 10 anni la situazione sarebbe stabile. Che sia interesse di qualcuno tenere bassi i livelli culturali della popolazione? Voi che dite?  🙂

La Romania – Parte Prima
04/05/2010

Sono tornato sabato da una settimana di vacanza a Bucharest.
Erano passati quasi 3  anni dal mio ultimo viaggio laggiù.

Da osservatore quale sono ho cercato di cogliere quanto più possibile della vita che c’è laggiù e cercherò di raccontarvela come meglio posso.

La situazione economica della gente non è propriamente buona: i beni di lusso (elettrodomestici, cellulari, PC, automobili ecc ecc) costano più o meno come in Italia (forse un 10% in meno), mentre il cibo e i vestiti costano all’incirca 3/5 rispetto all’Italia. Ovviamente il problema nasce dai loro stipendi che vanno dai 100 euro di un custode notturno d’albergo ai 500 di un ingegnere specializzato con esperienza e anzianità.

Come possono avere quindi un tenore di vita accettabile? Il Credito al consumo viene in loro “aiuto”. Ho visto televisori venduti in comode rate da 4 euro al mese, immaginate voi per quanti anni. Le banche stanno facendo come al solito il loro sporco lavoro.
Il Rumeno medio infatti ha bisogno di soldi ma è proprietario di una casa (che il regime gli aveva assegnato e che tutti hanno riscattato con speciali atti notarili). Ecco quindi che fioccano le ipoteche sugli immobili. Ovviamente la speranza della banca è proprio quella di acquisire l’immobile che con il boom immobiliare sta continuando a prendere valore ormai da qualche anno a questa parte. Prova ne è l’enorme quantità di filiali che si possono trovare in città: anche 4 o 5 per isolato, intervallate da un food shop, un botteghino per il cambio della valuta o un Casinò.

Parliamo di cibo: il piatto nazionale è la Ciorba (una minestra acida con carni o verdure), ma il tema fondamentale dei piatti rumeni rimane la carne.

Per la carne c’è una sorta di ossessione…carne come primo, secondo e contorno…due volte al giorno sette giorni al week. Ricordo di aver conosciuto un ragazzo che riusciva a tradurre in kili di carne qualunque cosa…tu parlavi di un cellulare della nokia e lui ti diceva quanti kili di carne valeva.. ovviamente faceva il macellaio.

“I vegetariani in Romania hanno grossi problemi di sopravvivenza. Le proteine animali sono ovunque” [www.viaggierelax.it]

Cmq, ottima la Ciorba con le Perishuare (polpettine di carne e riso); le koftele (polpette), le Sarmale (carne e riso avvolte dentro foglie di verza o di vite), Ardei Cu Carne (peperoni ripieni di carne e riso), Friptura (coscie di pollo cotte al forno), Snitzel (pollo impanato) e ovviamente Cascaval (il caciocavallo) e la Brunza (formaggio di pecora salato). Menzione speciale per i due piatti che più mi hanno colpito:

Salata de Vinete (una crema a base di melanzane cotte sul fuoco e cipolle), davvero goduriosa…ne ho mangiata a kili spalmata sul pane.

Icre (una crema a base di uova di pesce)

Ad ogni modo, ho preso un kiletto che ora dovrò smaltire!

Piccole donne crescono
29/03/2010

Ieri portando mio figlio a scuola è partito un discorso sulle “fidanzatine”.
Il mio pargolo è partito a sciorinarmi l’elenco di chi era con chi…chi aveva lasciato chi…e di una bimba che aveva ben quattro fidanzati….

Quando gli ho chiesto di chi era innamorato lui, mi ha guardato con quello sguardo di chi deve rispondere ad un’ovvietà “…ma di mamma!”

Arrivati a scuola ho incontrato un amichetto di mio figlio che nel racconto in macchina stava con una certa Gaia. Ecco di seguito il dialogo:

Me:  “…e quindi? mi dicono che hai una ragazza…ma chi è?”
Bimbo Innamorato:  “è Gaia!”
Me:  “Si ma qual’è? indicamela…”

A quel punto una bimba li vicino con fare organizzativo e spigliato si gira verso di me e dice: “Gaia è quella bimba li” prendendola e portandola al nostro cospetto.

Bimba : “Siete findanzati??”
Gaia: “No”
Bimbo Innamorato: “Ma….ti ho detto che mi piaci!”

[Stupendo….secondo lui bastava esprimere il suo sentimento…povero ingenuo maschietto…]

A quel punto la Gaia lo osserva un attimo e dice: “Se ti tagli i capelli, forse, ti amo”

Eccolo. Il seme di ciò che in futuro sarà uno degli atteggiamenti che più gli uomini accusano nei confronti delle donne. La necessità di doverli cambiare! In una bimba di 5 anni!!

Auguri miei piccoli maschietti…